Provo a spiegare con concetti semplici tematiche complesse. Da molti mesi c’è molta confusione intorno alle “vagonate” di miliardi di euro che arriveranno dall’Unione europea (UE) agli Stati membri (e in particolare all’Italia) per la ripresa economica (e sociale si spera) dell’intera Europa.
Nell’ambito dello “storico” Consiglio europeo del 21 luglio 2020 (calendarizzato come “Special” meeting of the European Council) i leader europei raggiunsero un (sofferto) accordo politico sul piano per la ripresa dell’Europa e, soprattutto, sul bilancio settennale dell’Unione europea per il periodo 2021-2027. Perché è in questo ambito (giuridico-politico-tecnico) che, sostanzialmente, dovranno essere recuperate le risorse necessarie.
Si ricorderà che dopo 4 lunghi giorni (e lunghe notti) di negoziati politico-diplomatici tenuti principalmente dai cc.dd. “sherpa” (cioè i funzionari governativi che preparano gli incontri politico-diplomatici internazionali), i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri hanno informato i cittadini (e soprattutto ai mercati!) di aver trovato una quadra per la ripresa dell’Europa. Più del 50% del bilancio a lungo termine dell’UE e dello strumento per la ripresa Next Generation EU per un totale di circa 1.800 miliardi di euro sosterrà politiche evolute e avvierà l’Unione sul cammino di una ripresa sostenibile e resiliente.
Ciò che sfugge, tuttavia, è che si versa nel “limbo” della decisione “meramente” politica. Perché, vale la pena ricordarlo, il Consiglio europeo è il forum politico-diplomatico per eccellenza dell’UE giacché “dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative” (art. 15, par. 1 TFUE). Quindi, le decisioni politiche assunte – benchè da un’istituzione di vertice dell’UE – dovranno necessariamente essere ottemperate ed attuate dalle istituzioni legislative, e cioè, dalla Commissione, Parlamento europeo e Consiglio UE (la “triade” legislativa).
Ovviamente nel rispetto delle regole e delle procedure previste dai trattati. Inoltre, come dato di colore, un’altro Consiglio europeo (stavolta “straordinario”) dello scorso 1° ottobre ha riproposto una (ahimè!) vecchia consuetudine dei capi di Stato e di governo di “decidere di non decidere” giacché in disaccordo su tutto. O quanto meno sulle questioni più importanti. Le “conclusioni” del vertice, infatti, omettono volutamente gli aspetti “sensibili”, sui quali vi è una spaccatura evidente tra Stati “frugali”, Stati “spendaccioni” e Stati “a democrazia (de)limitata”, per non provocare una reazione negativa dei mercati sottolineando, per contro, gli aspetti positivi soprattutto in materia di Mercato unico europeo e digitale, Green Deal e dichiarazioni politiche in materia di Relazioni esterne. Ciò che viene omesso di citare nelle conclusioni è che il Next Generation EU, in particolare, è ancora oggetto di veti incrociati tra Stati membri, laddove, taluni vogliono introdurre requisiti di legalità per l’assegnazione dei finanziamenti. Ricordo la questione dello “stato di diritto” che secondo Commisssione, Parlamento europeo e Corte di giustizia, è messo in pericolo in Polonia e Ungheria il cui atteggiamento vìola i trattati e i valori UE.
Stando così le cose la prevista erogazione dei finanziamenti attesa per i primi mesi del 2021 in coincidenza con l’approvazione del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), non partirà per tempo e potrebbe addirittura slittare alla alla fine del primo semestre. Questo perchè l’esercizio finanziario UE ha inizio il 1° gennaio e si chiude al 31 dicembre.
Ma ciò che conta di più e rende l’iter legislativo più contorto sono, da un lato, l’art. 312 TFUE che prevede l’approvazione del QFP con un’atto normativo (regolamento) del Consiglio adottato all’unanimità previa approvazione del Parlamento europeo e, dall’altro, l’art. 311 TFUE che stabilisce la procedura per le nuove risorse “proprie” del bilancio UE – quindi le nuove risorse individuate in sede politica che dovranno implementare il bilancio 2021-2027 – laddove a decidere è sempre il Consiglio che sempre all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, adotta una decisione che, udite udite, ad aggravare una procedura sostanzialmente intergovernativa entrerà in vigore solo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Cioè a dire sarà necessaria la ratifica nazionale di tutti i 27 Stati membri.
Di questo e di tanto altro si parlerà a breve nel Seminario permanente di Studi internazionali (SSIP), grazie agli illustri Relatori che hanno accolto positivamente il nostro invito.
Nell’ambito dello “storico” Consiglio europeo del 21 luglio 2020 (calendarizzato come “Special” meeting of the European Council) i leader europei raggiunsero un (sofferto) accordo politico sul piano per la ripresa dell’Europa e, soprattutto, sul bilancio settennale dell’Unione europea per il periodo 2021-2027. Perché è in questo ambito (giuridico-politico-tecnico) che, sostanzialmente, dovranno essere recuperate le risorse necessarie.
Si ricorderà che dopo 4 lunghi giorni (e lunghe notti) di negoziati politico-diplomatici tenuti principalmente dai cc.dd. “sherpa” (cioè i funzionari governativi che preparano gli incontri politico-diplomatici internazionali), i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri hanno informato i cittadini (e soprattutto ai mercati!) di aver trovato una quadra per la ripresa dell’Europa. Più del 50% del bilancio a lungo termine dell’UE e dello strumento per la ripresa Next Generation EU per un totale di circa 1.800 miliardi di euro sosterrà politiche evolute e avvierà l’Unione sul cammino di una ripresa sostenibile e resiliente.
Ciò che sfugge, tuttavia, è che si versa nel “limbo” della decisione “meramente” politica. Perché, vale la pena ricordarlo, il Consiglio europeo è il forum politico-diplomatico per eccellenza dell’UE giacché “dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative” (art. 15, par. 1 TFUE). Quindi, le decisioni politiche assunte – benchè da un’istituzione di vertice dell’UE – dovranno necessariamente essere ottemperate ed attuate dalle istituzioni legislative, e cioè, dalla Commissione, Parlamento europeo e Consiglio UE (la “triade” legislativa).
Ovviamente nel rispetto delle regole e delle procedure previste dai trattati. Inoltre, come dato di colore, un’altro Consiglio europeo (stavolta “straordinario”) dello scorso 1° ottobre ha riproposto una (ahimè!) vecchia consuetudine dei capi di Stato e di governo di “decidere di non decidere” giacché in disaccordo su tutto. O quanto meno sulle questioni più importanti. Le “conclusioni” del vertice, infatti, omettono volutamente gli aspetti “sensibili”, sui quali vi è una spaccatura evidente tra Stati “frugali”, Stati “spendaccioni” e Stati “a democrazia (de)limitata”, per non provocare una reazione negativa dei mercati sottolineando, per contro, gli aspetti positivi soprattutto in materia di Mercato unico europeo e digitale, Green Deal e dichiarazioni politiche in materia di Relazioni esterne. Ciò che viene omesso di citare nelle conclusioni è che il Next Generation EU, in particolare, è ancora oggetto di veti incrociati tra Stati membri, laddove, taluni vogliono introdurre requisiti di legalità per l’assegnazione dei finanziamenti. Ricordo la questione dello “stato di diritto” che secondo Commisssione, Parlamento europeo e Corte di giustizia, è messo in pericolo in Polonia e Ungheria il cui atteggiamento vìola i trattati e i valori UE.
Stando così le cose la prevista erogazione dei finanziamenti attesa per i primi mesi del 2021 in coincidenza con l’approvazione del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), non partirà per tempo e potrebbe addirittura slittare alla alla fine del primo semestre. Questo perchè l’esercizio finanziario UE ha inizio il 1° gennaio e si chiude al 31 dicembre.
Ma ciò che conta di più e rende l’iter legislativo più contorto sono, da un lato, l’art. 312 TFUE che prevede l’approvazione del QFP con un’atto normativo (regolamento) del Consiglio adottato all’unanimità previa approvazione del Parlamento europeo e, dall’altro, l’art. 311 TFUE che stabilisce la procedura per le nuove risorse “proprie” del bilancio UE – quindi le nuove risorse individuate in sede politica che dovranno implementare il bilancio 2021-2027 – laddove a decidere è sempre il Consiglio che sempre all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, adotta una decisione che, udite udite, ad aggravare una procedura sostanzialmente intergovernativa entrerà in vigore solo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Cioè a dire sarà necessaria la ratifica nazionale di tutti i 27 Stati membri.
Di questo e di tanto altro si parlerà a breve nel Seminario permanente di Studi internazionali (SSIP), grazie agli illustri Relatori che hanno accolto positivamente il nostro invito.