L’ITALIA E LA DIFESA EUROPEA: IL DILEMMA DELLA FIDUCIA – Carmine de Vito
L’ITALIA E LA DIFESA EUROPEA: IL DILEMMA DELLA FIDUCIA
Abstract
L’Italia, l’Unione Europea e la sua Difesa in termini di sicurezza e risposta alle emergenti congiunture geopolitiche sono i tre punti angolari su cui si muove l’analisi che si propone. Il Dossier di una nuova e adeguata Difesa Comune nell’ambito dell’Unione rappresenta il vero termometro di vitalità delle istituzioni di Bruxelles rispetto alle singole posizioni degli Stati membri nel contesto internazionale.
Per questo, la riflessione parte da urna prospettiva particolare, quella italiana con l’intento precipuo di mettere a sistema le specifiche resistenze che frenano lo sviluppo di questa area d’azione (PDSC).
In questa prospettiva si descrive il complesso sistema di sicurezza e difesa della Repubblica italiana con le sue problematiche e le sue note di eccellenza, il relativo perimetro di sicurezza (Fianco orientale e Fianco Sud) e la tipologia di minaccia, ovvero le nuove guerre di sistema nel quadro della duplice crisi in Ucraina e Medio Oriente.
Il processo di rivitalizzazione dell’Unione e delle istituzioni europee, viene analizzato con il superamento del “Dilemma di Fiducia” tra gli Stati membri, attraverso la necessaria cooperazione, approfondimento della consultazione politica tra le maggiori potenze europee per dimensioni, capacità e forza. In primis Parigi che è chiamata a svolgere il compito di capofila, sintetizzando ed armonizzando le sensibilità di Berlino, Roma e Madrid, per poi aprire ad una nuova fase attrattiva verso gli altri Stati membri.
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Italy, the European Union and its Defence in terms of security and response to emerging geopolitical conjunctures are the three cornerstones on which this analysis is based. The Dossier on a new and adequate Common Defence within the Union represents the true thermometer of vitality of the Brussels institutions with respect to the individual positions of the member states in the international context.
For this reason, the reflection starts from a particular perspective, the Italian one, with the main intent of systemising the specific resistances that hinder the development of this area of action (PDSC).
In this perspective, the complex security and defence system of the Italian Republic is described with its problems and notes of excellence, the relative security perimeter (Eastern Flank and Southern Flank) and the type of threat, i.e. the new system wars within the framework of the dual crisis in Ukraine and the Middle East.
The process of revitalising the Union and the European institutions, is analysed with the overcoming of the ‘Dilemma of Confidence’ between the Member States, through the necessary cooperation, deepening the political consultation between the major European powers in terms of size, capacity and strength. First and foremost, Paris, which is called upon to play the lead role, synthesising and harmonising the sensitivities of Berlin, Rome and Madrid, and then opening up to a new attractive phase towards the other member states.
Keywords: Italia, Difesa Europea, perimetro di sicurezza, dilemma di fiducia, cooperazione necessaria, rivitalizzazione UE.
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INTRODUZIONE
1.1. Analisi ed evoluzione del sistema di difesa e sicurezza italiano
l’Italia investe nella Difesa poco più di 30 miliardi di euro, pari circa al 1,5% del PIL. Secondo the Military Balance 20241, il budget della difesa è passato da 28,3 miliardi del 2021 a 30.3 miliardi del 2024 (+7%). Roma ha, senza dubbio, aumentato il budget del comparto, ma lo ha fatto in maniera decisamente meno consistente delle altre potenze europee, partendo talaltro da cifre in assoluto già meno elevate rispetto a Francia, Germania e Regno Unito.
Il numero complessivo delle forze armate italiane è di 160.000 professionisti tra uomini e donne in base allo schema previsto dal decreto legislativo nr. 185 del 23 novembre 2023 recante disposizioni in materia di revisione dello strumento militare ed è adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lett. a) e c), e comma 2 della legge n. 119 del 2022.
Organico considerato dal Capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone in una recente in audizione in Parlamento 2 , come “sottodimensionato” alle esigenze complessive. Per l’Ammiraglio Cavo Dragone sarebbero necessari almeno 10mila soldati
in più per stare “al limite della sopravvivenza”3 tenendo conto che sono cambiati “i tempi e le minacce, basti guardare alla guerra sul fronte est della Nato, ai conflitti in corso in Medio Oriente e al potenziale disimpegno dall’Europa degli Stati Uniti, nel caso che a novembre
Donald Trump tornasse alla Casa Bianca a prendere decisioni”4.
Il problema della mancanza di personale nel comparto – una condizione afflittiva esistenziale – legata a più fattori tra cui – non ultima – dalla crisi di natalità che coinvolge tutto l’Occidente, sta alimentando un dibattito sulle varie opzioni di reclutamento: la Germania, attraverso il suo ministro alla Difesa Boris Pistorius, di recente ha giudicato pochi i suoi 184mila militari di professione ed ha aperto ad un modello misto con arruolamenti volontari e obbligatori.
Il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto sul punto ha ribadito l’irreversibilità dell’attuale modello professionistico sancito dalla riforma del 2005 e di “dover ragionare sul numero dei professionisti formati”5, facendo intravedere la strada dell’arruolabilità esterna per cittadini “non italiani” dentro una sorta di costituenda legione straniera più o meno simile ad altre esperienze del tipo in Europa.
In Italia l’abolizione della leva obbligatoria e l’introduzione del professionismo militare tout court con la legge n. 226/2004, detta Legge Martino6 – ha radicalmente imposto un nuovo concetto di difesa nell’intero comparto, imponendo un cambio di prospettiva che ha permesso ipso facto di abbattere i vincoli di impiego delle forze armate nei teatri operativi di conflitto: dalla prima guerra del Golfo del 1991, al Kosovo 1998, fino alle operazioni militari in Afghanistan del 2002.
- Cfr., The Military Balance 2024. The International Institute for Strategic Studies (IISS), 552 pp. ISBN 9781032780047. Published February 13, 2024 by Routledge
- Cfr., PERRONE, M. (2024). Militari, ecco perché 160mila rischiano di non bastare. Riservisti in arrivo? ilSole24Ore, https://www.ilsole24ore.com/art/militari-ecco-perche-160mila-rischiano-non-bastare-riservisti-arrivo-AF8kanDD
- Ibidem Nota 2.
- Ibidem Nota 2.
- Cfr., ROSSI, C. (2024). Ecco perché l’Italia non è pronta alla guerra secondo Crosetto. StartMagazine. https://www.startmag.it/mondo/ecco-perche-litalia-non-e-pronta-alla-guerra-secondo-crosetto/
- La legge 23 agosto 2004 n. 226 detta Legge “Martino”, dal nome dell’allora ministro della difesa del
Governo Berlusconi-bis, ebbe un ampio e trasversale consenso parlamentare tra i partiti di centro-destra e centro-sinistra.
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Attualmente ai numeri forniti dal Capo di Stato Maggione che riguardano i tradizionali tre domini di difesa armata – Esercito, Marina ed Aereonautica -, la Repubblica italiana aggiunge circa 108.000 carabinieri (quarta forza armata L. 31 marzo 2000 n.78) con compiti di polizia militare nelle missioni all’estero e sotto la direzione ed il controllo del Ministero della Difesa e circa 70.000 militari della Guardia di Finanza con compiti di polizia economica e tributaria sotto la direzione ed il controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
All’estero, Roma ha assicurato attraverso l’intero sistema di difesa e sicurezza più di 120 (centoventi) missioni fuori dai confini nazionali, in ambito UE, partecipate o delegate da organizzazioni internazionali o in alleanza tra diversi Paesi: si è passati da semplici operazioni di ingerenza umanitaria a missioni complesse di peacekeeping, di peacebuilding e di peaceenforcement.
Attualmente7 nel 2024, l’Italia ne vanta all’attivo più di 40 (quaranta), posizionandosi come primo contributore per le operazioni dell’Ue, secondo contributore della Nato dopo gli Usa, pertanto primo tra gli europei e primo tra i contributori occidentali alle missioni delle Nazioni Unite.
La Costituzione della Repubblica italiana fissa le regole per l’impiego dei militari italiani all’estero, alcuni dei quali sono posizionati nelle basi logistiche e tattiche, mentre gli altri partecipano a operazioni che tutelano gli interessi nazionali considerati strategici dal Governo e dal Parlamento.
Nel complesso il sistema difesa possiede segmenti di rilevanza che ben si combinano in ambienti e contesti operativi joint, tra cui:
- la Marina Militare dispone di uno strumento navale agile e moderno. L’Italia è l’unico Paese del Mediterraneo con due unità in grado di far decollare velivoli ad ala fissa – la portaerei Cavour e la LHD Trieste – il che consente all’Italia di muovere permanentemente almeno una unità di questo tipo in mare.
- L’Aeronautica Militare somma alla doppia linea Eurofighter – F35, la grandissima esperienza maturata nel campo degli UAV 8 . L’Italia è il primo Paese europeo, insieme al Regno Unito, a operare con i Predator assieme al possesso del più moderno velivolo a disposizione dell’Occidente, il caccia F-35.
- Infine, diverse formazioni di forze speciali operative in qualsiasi contesto tattico: il Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin” e la Brigata paracadutisti “Folgore” inquadrati nell’Esercito; Il Raggruppamento Subacquei ed Incursori “Teseo Tesei” (COMSUBIN), nella Marina Militare; il 17^ Stormo incursori AM nell’Aeronautica e il Reggimento paracadutisti Tuscania dei Carabinieri, all’interno del quale viene selezionato il personale del GIS (Gruppo d’Intervento Speciale),
ovvero le teste di cuoio dei Carabinieri.
In sintesi, l’insieme delle Forze Armate italiane dispongono attualmente delle risorse e delle capacità necessarie a sostenere i compiti istituzionali all’estero e di sicurezza nel territorio nazionale, altra cosa sarebbe l’esposizione offensiva in teatri di guerra con un confronto dialogico e totale con altre potenze militari. Nella seconda e denegata ipotesi, il sistema di difesa integrato italiano non è assolutamente né sufficiente né competitivo.
Ne consegue che nel contesto internazionale, le capacità italiane hanno qualità specifiche e dirimenti solo se applicate in ambienti operativi joint UE o, soprattutto in ambito NATO, proprio perché pensate e riorganizzate solo in questa funzione.
- Cfr., RAVAZZOLO, G. (2024). Missioni italiane all’estero. Dove e quanti sono i militari italiani. Magazine Maggio Affarinternazionali, https://www.instagram.com/p/C7WUhjChlMt/?img_index=1
- UAV (Unmanned Aerial Vehicle) sono i sistemi aerei a monitoraggio remoto, anche detti droni o, sono dei velivoli caratterizzati da una capacità di controllo autonomo dei meccanismi che ne regolano il volo.
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https://www.ieee.es/Galerias/fichero/docs_opinion/2024/DIEEEO05_2024_CARVIT_India.pdf y/o enlace bie3
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La progressiva evoluzione degli scenari internazionali con l’emergere di nuove e qualificate potenze militari, di player regionali con idonea capacità (resilienza e forza offensiva) di impattare e tradurre a proprio vantaggio i molteplici contesti di frizione (crisi regionali e internazionali) che esprimono il vero e proprio quoziente di upgrade di potenza nel sistema, esige una meditata riflessione sulla ristrutturazione dello strumento di difesa: l’Italia come ogni altro Stato membro dell’UE ha una sua specifica responsabilità collegata, ovviamente al contesto strategico di referenza.
1.2. Nuove guerre e crisi di sistema
Dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale, passando per il periodo della “guerra fredda”, fino ad oggi ci sono susseguiti una molteplicità di conflitti armati in varie regioni del mondo: molto spesso si è utilizzata la terminologia bellica di “guerre locali” per definirli. Una espressione che aveva un duplice significato: un conflitto territorialmente circoscritto e, di conseguenza limitato (almeno apparentemente e diplomaticamente) ai protagonisti e alle popolazioni di quel territorio o quell’area di contesa.
Con l’aggressione russa all’Ucraina del 22 febbraio 2022 e l’escalation militare in Medio Oriente a seguito del barbaro attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, la guerra nel suo significato più crudo è tornata prepotentemente al centro della vita del mondo intesa nell’ espressione “cinico-clausewitztiana” di mezzo per il raggiungimento di obiettivi politici: in questo caso sistemici e/o di riequilibrio globale.
In un’ottica di “realismo offensivo”9 Le crisi internazionali si muovono come opportunità, pezzi di una guerra globale in cui le grandi potenze, le nuove potenze regionali e i cosiddetti “swing States”10 tentano e hanno come obiettivo la massimizzazione dei propri interessi nello specifico contesto geopolitico e con esso l’avanzamento strategico nella governance mondiale.
Il processo in itinere di rottura o, meglio, di tensione sistemica tra Occidente e Russia, accompagnato da una progressiva e “colpevole” perdita di attrazione tra il tradizionale blocco liberale ed il Sud del mondo, ha difatti modulato realisticamente il sistema multilaterale in un mosaico conflittuale tattico a carattere anarchico, aumentando il rischio complessivo di una guerra totale.
Si tratta di posizioni nuove ed originali; player emergenti che si muovono senza più sentirsi vincolati da criteri concertati, attraverso processi di disgregazione strategica al fine di conseguire il migliore obiettivo/posizionamento dalla loro opzione: India in primis, poi Brasile, Indonesia, Arabia Saudita, Turchia, Sud Africa, ma anche Algeria, Egitto e Messico.
L’interessante discussione è stata sollecitata da Cliff Kupchan su Foreignpolicy del 6 giugno 2023 “Six Swing States Will Decide the Future of Geopolitics“11 , ripresa da Tareq Hasan su Moderndiplomacy del 8 giugno 2023 “The Future of Geopolitics Will Be Decided by 6 Swing States” 12 e sta compulsando ulteriori riflessioni sul connesso concetto di “autonomia strategica”13 e sui nuovi possibili scenari di balance power.
- Cfr., MEARSHEIMER, J.J. (2001). The Tragedy of Great Power Politics. W.W. Norton & Company. 2001.
- Cfr., DE VITO, C. (2024). Los «estados oscilantes». La India y la «autonomía estratégica». Documento de
Opinión IEEE. https://www.ieee.es/Galerias/fichero/docs_opinion/2024/DIEEEO05_2024_CARVIT_India.pdf y/o enlace bie3
- Cfr., KUPCHAN, C. (2023). Six Swing States Will Decide the Future of Geopolitics. Foreignpolicy.
- Cfr., HASAN, T. (2’23) The Future of Geopolitics Will Be Decided by 6 Swing States. Moderndiplomacy.
https://moderndiplomacy.eu/2023/06/08/the-future-of-geopolitics-will-be-decided-by-6-swing-states/
- Cfr., DE VITO, C. (2024). Los «estados oscilantes». La India y la «autonomía estratégica». Documento de
Opinión IEEE.
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Si tratta di una progressiva inflessione anarchica delle relazioni internazionali che ripropone con assoluta evidenza il tema della difesa nazionale connessa ad una aggiornata e concreta difesa comune europea. Gli Stati membri dell’U.E. sono già vincolati da un patto di solidarietà difensiva nel caso uno di essi diventi vittima di minaccia, aggressione o attacco. La clausola di difesa reciproca è sancita dall’articolo 42, paragrafo 7 del TUE in conformità all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. L’obbligo di difesa reciproca è vincolante per tutti gli Stati membri, non incide sulla neutralità di alcuni di essi ed è coerente con gli impegni dei paesi membri della NATO.
Il principio di “solidarietà difensiva” richiamato deve intendersi nell’interpretazione più estensiva, ovvero dentro lo spazio comune delle politiche di mutuo soccorso e di collaborazione in combinato disposto con l’articolo 222 TFU che prevede l’obbligo per gli Stati membri di agire congiuntamente qualora uno di essi sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale o antropogenica.
Fino ad ora, gli Stati europei avevano sedimentato le proprie memorie/angosce storiche nella costruzione dell’integrazione europea (espansione economica e sociale) e nella adesione al rassicurante “ombrello”14 del Patto Atlantico (prima comunità di sicurezza). Binomio che ha consentito il più lungo periodo di pace conosciuto dal continente e Il fatto che le uniche guerre conosciute sono esplose in spazi esterni all’Unione – Balcani, Caucaso, Medio Oriente-Mediterraneo allargato – condizione fattuale che confermava ulteriormente la considerazione sui conflitti localizzati, fuori da una logica sistemica.
- l’11 settembre del 2001 difatti a decretare in diretta l’inizio di una nuova guerra con un volto nuovo, senza limiti15 e pertanto, non convenzionale per definizione. La trasmissione in mondovisione delle immagini delle torri infuocate che collassavano in macerie, trasmise a tutti un messaggio inconfutabile: nessuno poteva più sentirsi al sicuro e quel terribile atto terroristico non riguardava solo gli Stati Uniti, ma era l’inizio di una nuova guerra senza né spazi e confini che avrebbe progressivamente invaso la nostra quotidianità.
Gli apparati di sicurezza e di difesa occidentali ben presto hanno dovuto adeguare la propria capacità di risposta ai cosiddetti “attacchi a sciame”16 del terrorismo internazionale; un modus operandi capace di enfatizzare le caratteristiche di mobilità, oscurità, comunicazione, unità e coordinazione delle cellule criminali nel nuovo ambiente ICT (Information and Communications Technology).
Il contrasto a questa nuova forma di guerra asimmetrica ha imposto in seno all’UE una seria discussione sulla capacità di sviluppare nuove e più efficaci forme di collaborazione mettendo a sistema i propri kwow how e lo scambio d’informazioni privilegiate.
Questo scenario ha rappresentato l’embrione funzionale per l’avvio di una prospettiva strutturata di difesa comune tra gli Stati membri. Attualmente la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) è parte integrante della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’UE, rappresentandone tuttavia uno spazio d’integrazione inesplorato e ricco di contraddizioni funzionali e politiche.
- evidente, pertanto che qualsiasi iniziativa e/o proposta verso una più solida e strutturata politica comune di difesa dell’UE deve necessariamente calarsi in questo processo internazionale di rottura, epocale per modalità d’azione e conseguenze oltre per la pluralità
- Storica definizione di Enrico Berlinguer, Segretario Generale del partito Comunista Italiano – il più grande e importante partito comunista d’Europa – in un’intervista a Giampaolo Panza sul Corriere della Sera nel 1976, dichiarò di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello della NATO che con il Patto di Varsavia e che la Nato era una sorta di scudo per costruire il socialismo nella libertà. Cfr. CATALUCCIO F., L’appartenenza alla NATO.
Il Post.it, https://www.ilpost.it/francescocataluccio/2022/02/28/lappartenenza-alla-nato/
- Cfr., QIAO LIANG, WANG XIANGSUI (2016). Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione. (a cura del Gen. Fabio Mini) Leg Edizioni (originale 1999).
- AQUILLA J.- RONFELDT D. (2000). Swarming and the Future of Conflict. Rand Corporation, Santa Monica (CA).
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degli attori incidenti. Le due guerre in Ucraina e in Medio Orientale sono tragicamente segnate dal medesimo filo rosso e, sbaglia – a parer nostro – chi si ostina a leggerle come autonomi processi fisiologici slegati da una costante e progressiva azione erosiva in corso nel sistema.
In questa prospettiva deve necessariamente calarsi un’avveduta accelerazione intergovernativa in seno all’Ue per delineare le forme e i temi di un nuovo e diverso protagonismo geopolitico, per dirla con le parole di Borrell, capace di modulare la dicotomia “autonomia – allineamento” strategico nelle alleanze di riferimento e, pertanto rivitalizzare in termini istituzionali la presenza europea negli spazi d’azione della gestione delle crisi e della difesa comune.
EUROPA, UE E LA SUA SICUREZZA: UNA ESIGENZA CHE INTERROGA SÉ STESSA
2.1. Italia e la Difesa Comune europea
Il fallimento nel 1954 del progetto di Comunità Europea di Difesa (CED) – per il rifiuto della Francia di condividere la propria sicurezza con paesi fino a pochi anni prima nemici – portò ad accantonare il tema, concentrando il processo d’integrazione sulle precipue dimensioni economiche con la costituzione della CECA, del MEC e dell’EURATOM per affidare il tema della sicurezza dell’Europa occidentale esclusivamente alla NATO.
Peraltro, nel lungo periodo l’Europa ha vissuto grazie a provider esterni: gli Stati Uniti garantivano la sicurezza, la Russia assicurava l’energia, la Cina e i Paesi emergenti offrivano i loro mercati. Condizioni vantaggiose e propizie dentro le quali l’Unione europea ha potuto concentrarsi sui propri processi d’integrazione in una prospettiva autarchica al riparo da rischi esterni.
Questo stato di cose ha fatto sì che i temi della sicurezza e della difesa non sono stati inscritti per lungo periodo nella agenda europea. Ne è testimonianza il fatto che nell’architettura istituzionale dell’Unione europea erano strutturalmente previsti riunioni ministeriali in tutti i settori – dall’agricoltura all’industria, dagli interni alla giustizia, dagli esteri alle infrastrutture alle politiche finanziarie – ma, fino a pochi anni fa, non vi era traccia o previsione di riunioni interministeriali in ambito difesa.
L’autosufficienza militare e le politiche di difesa sono da sempre un pilastro fondamentale della sovranità nazionale e ogni Stato tende a preservare gelosamente quelle materie come esclusive.
Peraltro, Il trattato di Lisbona entrato in vigore il primo dicembre del 2009, legge la difficoltà del momento storico, i segnali di un cambiamento di fase nello scenario internazionale e definisce – unico trattato internazionale – uno specifico riconoscimento giuridico formale (art. 42 T.U.E, combinato disposto del capo 1 e 4) all’approvazione di operazioni di gestione di crisi internazionali (vincolo giuridico da adempiere da parte degli Stati membri o materialmente o sotto forma di sovvenzione agli oneri della operazione), mentre per la cooperazione rafforzata (art. 20 TUE. e titolo III del TFUE), sugli obiettivi d’integrazione della difesa comune, per sua stessa definizione la cooperazione esclude l’esistenza di una obligatio juris.
Il quadro giuridico dell’Unione ha, quindi, una sua fisionomia a formazione progressiva in base alle sollecitazioni di natura intergovernativa: così come avvenuto nel 2016, quando su iniziativa di quattro Stati membri – Francia, Germania, Italia e Spagna – si è sollecitata una dichiarazione congiunta della Commissione europea e del Consiglio Europeo per l’attivazione di una strategia comune sulla sicurezza.
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https://www.astrid-online.it/static/upload/d56b/d56b553f3d21d90c090b6090f7f91b07.pdf
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Richiesta raccolta dall’AR-VP17 Federica Mogherini che nel Giugno (28-29) 2016 presentò al Consiglio europeo la “Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea” 18 e nel successivo mese di novembre il “Piano di attuazione in materia di sicurezza e difesa”, al fine di rendere operativa la visione definita nella strategia globale composta da tredici proposte, tra cui una revisione coordinata annuale sulla difesa (CARD) e un nuovo accordo unico PESCO per gli Stati membri disposti a impegnarsi ulteriormente in materia di sicurezza e difesa: in due anni il definito programma di cooperazione raccolse l’adesione di 25 paesi su 27.
Per la prima volta gli Stati membri, attraverso l’approvazione di un documento programmatico e politico come “la Strategia Globale”, adottano un modello d’ingaggio alla realtà internazionale assolutamente più contestualizzato ai nuovi scenari, alle minacce sopravvenienti alla sicurezza dei cittadini e delle istituzioni democratiche.
Istituzionalmente la PSDC è una articolazione funzionale della PESC; le decisioni sono prese dal Consiglio dell’Unione Europea all’unanimità (articolo 42 TUE). Vi sono, tuttavia, alcune eccezioni, come ad esempio quando il Consiglio adotta decisioni direttamente esecutive dell’UE o per alcune decisioni relative all’Agenzia europea per la difesa (AED – articolo 45 TUE), altre sono previste in ordine alla cooperazione strutturata permanente (PESCO) dove è prevista la maggioranza qualificata (articolo 46 TUE).
L’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza è responsabile della proposta e dell’attuazione delle decisioni della PSDC.
- chiaro che i meccanismi decisionali comunitari adottati sono sussidiari, l’agenda PESC è a trazione intergovernativa con il Consiglio europeo ha fissarne le tappe, le relative velocità e l’arco di partecipazione.
La cornice giuridica del trattato di Lisbona è guidata dal principio della “reciproca solidarietà politica” 19 degli Stati membri nell’individuazione delle questioni d’interesse specifico e nella loro realizzazione attraverso il concerto di steps selezionati.
Tale approccio normativo ha consentito la partecipazione europea a differenti missioni militari con diverse formule di scopo: peacekeeping, peacebuilding e humanitarian aid con missioni militari in teatri caldi limitatamente a contesti geopolitici circoscritti, locali e, pertanto esenti da ripercussioni sistemiche globali.
La Repubblica italiana attualmente partecipa con un impegno militare congiunto Ue in sette missioni di stabilizzazione e sedazione di conflitti [Bosnia, Somalia, Mar Rosso, Libia, Repubblica Centrafricana, Mozambico Mali (oggi sospesa)] e in 12 missioni civili [Kosovo, Moldova, Ucraina, Georgia, Libia, Iraq, Palestina, Niger, Mali, Guinea, Repubblica Centrafricana ] finalizzate alla formazione degli apparati di difesa e sicurezza, alla gestione delle frontiere, ai sistemi di monitoraggio, alla lotta alla criminalità, al rafforzamento dello stato di diritto, all’empowerment femminile.
2.2. l’UE ed il perimetro di sicurezza.
Sullo sfondo della guerra in Ucraina, restano sospese alcune scelte politiche in ordine al perimetro di adesione dell’Unione. In questo senso Il fianco orientale, ovvero la complessa
- L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che esercita anche la funzione di vicepresidente della Commissione europea (AR/VP), riveste il ruolo istituzionale principale nell’organizzazione della PSDC (La politica di sicurezza e di difesa comune).
- un documento che definisce la strategia per la PSDC. La strategia ha individuato cinque priorità: la sicurezza dell’Unione; la resilienza degli Stati e della società a est e a sud dell’UE; lo sviluppo di un approccio integrato ai conflitti; ordini regionali di cooperazione; e la governance globale per il XXI secolo. L’attuazione della strategia dovrebbe essere riesaminata con cadenza annuale in consultazione con il Consiglio, la Commissione e il Parlamento.
- Cfr., MASSAROTTI C. (2024). l principio di solidarietà nel diritto dell’Unione Europea. ASTRID
RASSEGNA N. 6. ISSN 2038-1662,
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area compresa tra i Balcani occidentali ed il Mar Nero appare ancora più problematica e dal punto di vista della sicurezza, assai infida.
I Balcani sono storicamente una stridente area di faglia a duplice vocazione; se da un punto di vista politico la concessione dello status di candidato agli Stati dell’area avrebbe un alto valore emblematico data l’attuale situazione internazionale, viceversa, negarlo rappresenterebbe una vittoria simbolica per Mosca.
Tuttavia, ciò ha aperto una finestra di opportunità in particolare per Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Kosovo, Montenegro e Serbia, sebbene la loro difficoltà ad ottemperare ai cosiddetti criteri di Copenaghen per l’adozione dell’’acquis comunitario. A tutt’oggi oggi, nessuno dei sei Stati citati è in itinere con le riforme necessarie per completare il processo di adesione.
Se volessimo stringere l’analisi del contesto in termini strettamente geostrategici, il c.d. “Fianco Est” dell’Unione convive con una situazione al alto rischio per la congiuntura di variabili autonome a possibile innesco consequenziale: 1. la postura geopolitica della Serbia, 2. l’irrisolta condizione del Kosovo e 3. l’area del Mar Nero che diventa doppia frontiera con la Russia e con la Turchia, attore cha da tempo ha assunto un confronto dialogico e di convenienza con l’UE.
Proviamo a sviluppare una breve diagnosi sui tre punti.
la Serbia vive una evidente diminuzione di sostegno popolare e politico verso l’integrazione europea, condizione che incoraggia l’ambiguità e l’opportunità di fase. Il Presidente Aleksandar Vučić, eletto nel 2017, incarna (politicamente) un Paese ancora fortemente diviso tra Occidente e Oriente e che oscilla tra la volontà di ingresso nell’Unione Europea ma che nello stesso tempo è nella ricerca di una identità ferita attraverso l’accesso a opportunità economiche e politiche alternative con Paesi extraeuropei.
Circa la metà della popolazione serba considera la Russia il partner internazionale più importante; trattasi di un accertato livello di considerazione che attraversa tutto il ventre molle jugoslavo (dal serbo jugosloven, ovvero slavo meridionale) che poggia essenzialmente su tre motivazioni di fondo: 1. la dipendenza nazionale dal petrolio e dal gas naturale russo; 2. il supporto di Mosca alle posizioni serbe sul Kosovo e, infine, ma non ultimo 3. la comune matrice ortodossa, affinità storica, culturale e religiosa che li accomuna.
Belgrado non ha mai adottato le sanzioni antirusse, anzi è diventata uno degli attori maggiormente coinvolti nelle pratiche di triangolazione commerciale utilizzate da Mosca e dai produttori europei per eludere le sanzioni.
Il Kosovo rappresenta tuttora una piccola crisi pericolosamente vicina a quella generale che coinvolge la linea di faglia orientale: Russia Bianca, Mar Nero Turchia e Medio Oriente. Lo status del Kosovo è tuttora debole e controverso, anche dentro l’UE con Spagna, Grecia, Slovacchia, Cipro e Romania che non riconoscono la sua indipendenza per il timore di legittimare nei propri stessi territori istanze secessioniste.
- abbastanza evidente che il futuro e l’equilibrio di Pristina dipende e dipenderà dall’esito del conflitto in Ucraina e – soprattutto se dovesse prevalere in qualche modo la Russia in un’ottica di accordo e di compromesso, questo scenario ridarebbe fiducia e forza alle rivendicazioni serbe nel nord del Kosovo.
Terza articolazione di crisi è il bacino del Mar Nero. La pressione russa nel Donbass risponde al duplice interesse di creare un cuscinetto di sicurezza con l’Occidente e nel contempo imporre una presenza strategica di lungo corso nel Mediterraneo allargato.
La volontà strategica di Mosca di accedere ai mari caldi non è un elemento di novità nel contesto geopolitico regionale, quel che merita attenzione è la doppia natura con cui Mosca adesso è nelle condizioni di perseguire tale scopo. Da un lato, l’hard power e dall’altro sia la cooperazione economica ed energetica con gli Stati del bacino e sia
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l’allineamento politico con le potenze emergenti a vario modo antagoniste, in primis Iran, Egitto, Siria, il tutto unito dalla sponda ambigua e utilitarista della Turchia di Erdogan. Questa area complessa di crisi che va dai Balcani al Mar Nero-Mar Egeo è un fianco delicatissimo per L’Unione Europea e soprattutto per L’Italia che sempre ha tenuto un legame a tratti idiosincratico, ma tutto sommato vantaggioso e redditizio nelle relazioni economico-diplomatiche.
L’attenzione della politica estera italiana inizia con la guerra di Crimea (1853-1855), passa attraverso le pagine drammatiche dei conflitti mondiali, le fasi della guerra fredda, fino alla crisi di Suez del 1968 e la innovativa politica di avvicinamento proposta da Enrico Mattei, vero precursore di una dialettica “win win” sulla valorizzazione delle risorse energetiche.
Roma ha sostenuto l’iniziativa nota come “Processo di Berlino”, proposta da Angela Merkel nel 2014 che introduceva una piattaforma di dialogo tra i maggiori vertici intergovernativi volta a stimolare la cooperazione regionale e a sostenere le prospettive europee dei Balcani occidentali, appalesandosi come un socio-garante fondamentale. Giorgia Meloni ha più volte ribadito20 l’interesse italiano per la stabilità dell’area, talaltro la costruzione di un comune ambiente geopolitico favorevole ha permesso a Roma di raggiungere – le filiere di valore italiane e tedesche nell’area sono sinergiche – importanti risultati economici; il primo dei quali è costituito dall’interscambio commerciale 21 : attualmente con la Serbia è pari a 4,6 miliardi di euro (+10,5% rispetto al 2021), inoltre è divenuta il terzo partner commerciale rappresentando con il 6,6% dell’import totale e l’8,4% dell’export totale del Paese. Un altro parametro altamente incidente nelle relazioni è il quadro degli investimenti con l’Italia che ha progressivamente scalato la classifica dei più importanti investitori nel Paese, contribuendo per circa il 5,5% del PIL nazionale serbo. Attualmente, i principali settori di attività delle imprese italiane in Serbia sono quello energetico, finanziario e tessile. Inoltre, particolarmente in crescita sono il settore automobilistico e dell’IT.
Questo solo per anticipare come il primo elemento di difficoltà di una costruenda ed efficace cooperazione strutturata di difesa dell’Unione Europea sono le diverse “sensibilità” o come le delfinerebbe Morgenthau, gli interessi specifici degli Stati membri in un preciso contesto geo-strategico. Per converso, la grande sfida in questo spazio d’azione è rappresentata dalla capacità politica e dalla responsabilità della classe dirigente di mettere a fattor comune le singole esperienze – punti deboli e punti forti – in una gerarchia di opzioni, al fine di conseguire in una visione strategica comune.
L’Italia per storia e per ragioni di geo-economia, ha profuso una equilibrata politica di vicinanza nei due fianchi di faglia – Est e Sud –, posizione assecondata per sinergia d’interesse dalla Germania e che potrebbe adeguatamente valorizzata nella costruzione di una solida e visibile presenza geopolitica dell’UE.
Pesa molto in questo senso, quanto accaduto nel 2011 in Libia con l’intervento militare contro il colonnello Gheddafi sostenuto in primis da Parigi e poi Londra (all’epoca dentro Unione). Un intervento senza nessuna forma di consultazione politica che a posto in evidente difficoltà l’Italia che con Tripoli aveva un partenariato intenso su diversi dossier sia economici che di sicurezza e, sia Berlino, la cui geo-economia è per antonomasia antitetica a formule de-stabilizzatrici. La Cancelliera Merkel decise di astenersi sulla risoluzione 1973/2011 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, chiudendo di fatto alla UE ad una visione comune in politica estera.
Sappiamo come è andata a finire: conseguenze estremamente dannose ed irrecuperabili in termini di instabilità politica, controllo dei flussi migratori e perdita di quota di potere
- Cfr., FERRO, F. (2023). Il processo di integrazione della Serbia nell’Unione Europea. CeSI Centro Studi
Internazionali, https://www.cesi-italia.org/it/articoli/il-processo-di-integrazione-della-serbia-nellunione-europea
- Cfr., Diplomazia economica. Ambasciata D’Itala a Belgrado, https://ambbelgrado.esteri.it/it/italia-e-serbia/diplomazia-economica/
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L’ITALIA E LA DIFESA EUROPEA: IL DILEMMA DELLA FIDUCIA – Carmine de Vito
nell’area con il subentro e la concorrenza d’influenza di altre potenze regionali, soprattutto Russia e Turchia, capaci di coglierne l’opportunità strategica e colmare il vuoto geopolitico creatosi.
2.3. il dilemma della fiducia
Il rafforzamento del pilastro difesa e sicurezza dentro la PESC rappresenterebbe, senza dubbio, un aspetto qualificante per il rafforzamento della posizione geopolitica dell’UE nel nuovo scenario internazionale.
Da sempre la cooperazione tecnico-militare è considerata l’aspetto più delicato di qualsiasi processo d’integrazione: significa condividere dati sensibili, informazioni privilegiate, criticità, know-how, visioni ed interessi che sono il perno della sovranità di uno Stato. La sovranità è quel potere che veniva definito come la “forza irresistibile”22 che connette il popolo al territorio, conferendo nerbo e vitalità democratica.
La Costituzione italiana23 all’art. 11, consente – in condizioni di parità con altri Stati – alle limitazioni di sovranità solo se necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni e promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Il compendio e la forza simbolica e giuridica del dettato costituzionale, rende evidente l’enorme difficoltà a legittimare – in condizione di parità – la limitazione di sovranità in materia di difesa e sicurezza se non si definisce un profilo, un obiettivo teleologico di assoluto valore e garanzia: la pace o in estensione quanto sia necessario per assicurare questo obiettivo.
Il progressivo avanzamento del “Sud Globale” – l’eterogenea coalizione di medio – grandi potenze connotate da distinte istanze revisioniste dell’ordine internazionale – sta rapidamente erodendo la quota complessiva di potere della principale comunità di sicurezza nel sistema, identificata nel blocco occidentale e dal patto atlantico dalla fine del secondo conflitto mondiale.
Questa continua erosione di potere non incide solo nella gestione degli affari globali, quindi nella governance internazionale, quanto e soprattutto sulla capacità dei singoli Stati d’incidere nel loro naturale spazio d’influenza, erodendo la loro profondità d’azione: l’Italia nel mediterraneo – medio oriente, la Francia in Africa orientale e sud est asiatico, la Germania nell’Haertland e la Spagna in America latina – per limitare l’analisi all’area UE -, determinando nuovi e precari equilibri in una condizione di arretramento congiunturale.
Trattasi di una dinamica modellante del sistema con le principali potenze europee che iniziano a prenderne coscienza: l’inerzia trasferisce debolezza all’azione in corso. Ragionando in termini di teoria dei giochi, seguire nello schema della caccia alla lepre potrebbe essere controproducente, mentre la necessità di una cooperazione forzosa potrebbe rappresentare un’opportunità strategica per il raggiungimento di risultati difficilmente perseguibili dalle singole capacità.
Cooperare in materia di difesa comune nella direzione di un miglioramento complessivo di peso geopolitico, avanzamento e crescita PIL, corrisponde sicuramente allo schema della caccia al cervo, partendo – condicio sine qua non – da una sana e obiettiva coscienza di debolezza per superare o metabolizzare il dilemma della fiducia nella cooperazione tra Stati sovrani.
Abbiamo provato a sintetizzare questo schema di resilienza e controdeduzione alla spinta sistemica dei paesi del “Sud Globale” con il seguente grafico:
- Cfr., DE SANCTIS F.M. (2024). Sovranità, https://www.bibliotecaliberale.it/glossario/s/sovranita/
- Cfr., https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione/principi-fondamentali/articolo-11
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L’ITALIA E LA DIFESA EUROPEA: IL DILEMMA DELLA FIDUCIA – Carmine de Vito
SUR GLOBAL
C | ||||||
16 | ||||||
14 | ||||||
12 | ||||||
10 | Alemania | |||||
8 | Francia | |||||
UE | ||||||
Italia | ||||||
6 | Espana | |||||
4 | ||||||
2 | ||||||
0 | ||||||
0 | ES | IT | FR | DE | x | |
S |
Sull’asse dell’ordinate rappresentiamo la capacità (C), ovvero la quota di potere nel sistema e sull’asse delle ordinate i singoli Stati membri dell’Ue (S); per semplicità d’analisi ci soffermeremo sulle prime quattro economie dell’area, Germania, Francia, Italia e Spagna. La spinta dall’alto dei paesi del Sud Globale erode la capacità dei singoli Stati membri. La cooperazione forzosa e la rottura del dilemma della fiducia provocherebbe uno slittamento delle posizioni dei singoli Stati verso sinistra. La retta di colore nero rappresenta il vantaggio derivato dalla opzione della cooperazione forzata. Le nuove proiezioni di capacità (le nuove rette di colore rosso) rappresentano il delta realizzato dall’opzione (caccia al cervo).
Il trattato di Lisbona prevede tutti i meccanismi per modulare i processi di integrazione. Qualsiasi steps può essere regolato da specifiche convergenze intergovernative 24 che rappresentano il vero motore decisionale nell’architettura istituzionale Ue.
Nel concreto l’art. 20 del TUE in combinato disposto con il titolo III del TFUE, prevede l’articolato procedurale della cooperazione rafforzata, ovvero una corsia normativa d’emergenza che permette a un minimo di nove Stati membri di instaurare un’integrazione avanzata o una cooperazione in un ambito specifico qualora risulti evidente l’immobilità dell’Unione a conseguire risultati concreti in un termine ragionevole.
- Il Consiglio dell’UE è un organo decisionale essenziale dell’UE. Negozia e adotta la nuova legislazione dell’UE, la adatta, ove necessario, e coordina le politiche.
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L’ITALIA E LA DIFESA EUROPEA: IL DILEMMA DELLA FIDUCIA – Carmine de Vito
La formula giuridica ha una chiara matrice intergovernativa: prevede l’autorizzazione a procedere radicata in ultima istanza nel Consiglio europeo su proposta della Commissione e previa l’approvazione del Parlamento europeo. In ambito PESC, l’istituto de quo è stato introdotto dal Trattato di Nizza entrato in vigore il 1° febbraio del 2003, come clausola di sblocco in una materia ad alto rischio di chiusura o ostruzionismo da parte di Stati membri
- soprattutto gli Stati che appartenevano al patto di Varsavia – ora particolarmente attenti ad una compressione di sovranità in materie così sensibili.
Attualmente, l’accordo quadro non consente di ampliare le competenze europee in materia PESC-PDSC, ma permette agli Stati membri di integrare autonomamente le loro capacità, innovando gli strumenti di governance più adeguati. La decisione2514866/17 del Consiglio dell’UE fissa gli obiettivi che hanno carattere di impegni vincolanti:
-
- cooperare al fine di conseguire obiettivi concordati riguardanti il livello delle spese per gli investimenti in materia di equipaggiamenti per la difesa. In particolare, si prevede l’impegno degli Stati partecipanti alla PESCO ad aumentare i bilanci per la difesa, al fine di conseguire l’obiettivo di un aumento a medio termine della spesa per investimenti nel settore della difesa del 20% e del 2% del totale della spesa per la difesa destinata alla ricerca in tale ambito. Si ricorda che in ambito NATO l’obiettivo concordato del 2% del PIL per la spesa per la difesa è stato raggiunto tra gli Stati dell’UE solo da Grecia, Regno Unito, Estonia, Romania e Polonia, a fronte di una spesa degli USA pari al 3,50% del PIL. L’Italia nel 2017 si colloca all’1,13%
(pari ad una spesa di circa 21 miliardi di euro, contro i circa 49 del Regno Unito, 41 della Francia e 40 della Germania – Fonte NATO);
-
- ravvicinare gli strumenti di difesa, in particolare armonizzando l’identificazione dei bisogni militari e promuovendo la cooperazione nei settori della formazione e della logistica;
- rafforzare la disponibilità, l’interoperabilità, la flessibilità e la schierabilità delle forze;
- cooperare per colmare, anche attraverso approcci multinazionali e senza pregiudizio della NATO, le lacune constatate nel quadro del «meccanismo di sviluppo delle capacità»;
- partecipare allo sviluppo di programmi comuni di equipaggiamenti di vasta portata
nel quadro dell’Agenzia europea per la difesa.
Lo spazio PESCO-PDSC è a schema aperto; permette a qualsiasi Stato membro non aderente di parteciparvi in una seconda fase, come agli Stati terzi (non UE) che potranno essere invitati su specifici progetti secondo le condizioni stabilite da apposita decisione del Consiglio.
Sul piano nazionale, la decisione de quo impegna ogni Stato membro a predisporre un piano di attuazione annuale sugli obiettivi nel quale delineare le singole capacità con relativa metodologia su come soddisfare gli impegni vincolanti PESCO-PDSC.
Conclusioni
Il trattato di Lisbona ha la forma peculiare di un accordo intergovernativo con un quadro normativo a schema aperto: riserva al Consiglio dell’UE il ruolo di motore e gestore delle politiche comunitarie, negoziando il relativo livello di adesione.
Il Consiglio dell’UE esprime la rotta anche con dichiarazioni di principio sullo stato delle cose presenti, sulle nuove sfide che l’Unione deve affrontare in una visione prima esistenziale, quindi di confronto con i nuovi attori che spingono sulla struttura del sistema internazionale.
- Cfr., Decisione 14866/17, COUNCIL DECISION establishing Permanent Structured Cooperation (PESCO) and determining the list of Participating Member States. Bruxelles, 8 dicembre.
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L’Italia, così come le altre potenze europee, sta vedendo fortemente attaccato il suo perimetro d’azione. Gran parte dello spazio eroso dai player esterni ha tra le concause una sensibile riduzione della capacità di difesa e di esposizione (diplomatica e militare) di ciascun Stato europeo nelle aree calde 26 del confronto. Di contro, tutte le potenze emergenti riunite nel cosiddetto Sud Globale hanno metabolizzato una rinnovata fiducia nei propri mezzi (Human and Tercnology), capitalizzando tutti i fattori di potenza: popolazione, risorse, tecnologia, diplomazia e capacità offensiva. L’elemento di novità è dato proprio da questo connubio, ovvero l’affermazione neorealista di un proprio progetto, una propria agenda pro-attiva in funzione degli obiettivi di ascesa e posizionamento nel concerto internazionale.
Le potenze europee non possono e devono prescindere da questa dinamica fattuale per cambiare e ridefinire la loro partecipazione strategica all’Unione europea. Solo l’onesta l’accettazione di questa condizione di fase – le singole debolezze nella attuale competizione internazionale – può smontare il complicato blocco del dilemma della fiducia
- intrinseco alla natura degli Stati – nella direzione della “caccia al cervo”, ovvero della cooperazione necessaria al fine di ri-bilanciare le condizioni nella contesa.
Il ruolo di Roma in questo processo può essere molto importante. L’Italia è per definizione una potenza mediana: per sua natura pragmatica e di equilibrio nelle bisettrici Nord-Sud e Est-Ovest; è Stato fondatore del progetto europeo con un sistema industriale ed economico fortemente interconnesso nello spazio europeo.
Partire da una nuova PSDC tra gli Stati che hanno maggiore responsabilità di leadership dello spazio Ue, potrebbe rappresentare – nel momento storico – quella opportunità strategica che consentirebbe di rivitalizzare le istituzioni europee soprattutto nel concetto d’incidenza sull’esterno e sulla capacità si concertare gli interessi per accrescere in peso specifico complessivo.
Aumentare i meccanismi di concertazione politica e d’intelligence economica al fine di massimizzare il comparto della collaborazione tecno-militare, i distretti industriali e la reversibilità nell’indotto civile. Questo cambiamento di postura di per sé sarebbe ad effetto traino verso gli altri Stati più timorosi verso un’integrazione più intensa.
In questa ottica, i capisaldi su cui avanzare nello spazio di difesa e sicurezza comune che conferirebbero all’Unione un redivivo standing sono essenzialmente due: 1. un sistema di sicurezza complessivo integrato – sempre più – con la condivisone di ciascuna vulnerabilità (Dilemma della Fiducia) al fine di poter procedere in compensazione e mutuo soccorso (sinergia industriale, economica e indotto) al progresso complessivo della struttura di settore; 2. la costituzione di un dispositivo di risposta caratterizzato dal requisito non solo della “pronta operabilità” 27 , ma soprattutto della adeguatezza alle esigenze coeve. Il coefficiente di adeguatezza della Difesa Comune europea costituisce il fattore che delimita la dimensione di esistenza dell’attore nel teatro di competizione. Senza il carattere dell’adeguatezza, resta la mera rappresentanza; elemento che non incide sulla struttura degli ambienti d’azione.
Il tutto attraverso un – necessario – processo di istituzionalizzazione dello strumento della bussola strategica soprattutto sei settori della gestione di crisi, della resilienza, resistenza e pronta operabilità del comparto integrato. Istituzionalizzazione significa disegnare organismi politici ed amministrativi in gerarchia con efficienti e calibrati processi di coordinamento e decisione.
26 Cfr., MURATORE A. (2022). I punti caldi del Pianeta: dove può scoppiare la Prossima guerra. insideover.com, https://it.insideover.com/politica/i-punti-caldi-del-pianeta-dove-puo-scoppiare-la-prossima-guerra.html
- Secondo quanto previsto dallo “Stategic Compass” del marzo 2022 – la strategia di sicurezza dell’Unione
– si sta creando una Forza di reazione rapida dell’Ue, denominata “capacità di dispiegamento rapido dell’Ue“
(Rdc),che avrà una forza prevista di 5.000 soldati e partirà entro il 2025; https://www.eeas.europa.eu/eeas/strategic-
compass-security-and-defence-1_en
L’ITALIA E LA DIFESA EUROPEA: IL DILEMMA DELLA FIDUCIA – Carmine de Vito
Adesso l’iniziativa spetta agli Stati che hanno le maggiori responsabilità di leadership. In primis Parigi è chiamata a svolgere il compito di capofila, sintetizzando ed armonizzando le sensibilità di Berlino. Roma e Madrid, per certi versi possono aver un compito ancora più determinante nel garantire e cementare un nocciolo duro riformatore, essenziale alla nuova visione d’azione. Il tempo della Geopolitica scorre velocissimo; rebus sic stantibus.
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