La Corte di giustizia si pronuncia sull’indennizzo in caso di acquisizione al demanio di opereinamovibili. Si tratta di un arresto determinante o solo di un primo passo?

Lo scorso 11 luglio, la Corte di giustizia si è di nuovo pronunciata sulle concessioni demaniali marittimecon la sentenza Società italiana imprese balneari (causa C-598/22). Anche questa volta il rinvio pregiudizialeera stato formulato da un giudice italiano. Si tratta del Consiglio di Stato, chiamato a decidere sulladomanda di annullamento di una decisione con cui il Comune di Rosignano Marittimo constatava che,alla scadenza di una concessione di occupazione, le opere costruite sulle aree del demanio marittimoerano state acquisite a titolo gratuito dallo Stato.La sentenza valuta dunque la compatibilità dell’art. 49 del codice della navigazione con il diritto europeo,e in particolare con l’art. 49 TFUE, che tutela la libertà di stabilimento. Non rilevano le norme dellaDirettiva Bolkestein, perché i fatti di cui era causa erano anteriori all’entrata in vigore della stessa. IlConsiglio di Stato chiedeva infatti alla Corte di valutare se è contraria al diritto europeo una normanazionale, come l’art. 49 del codice della navigazione, che impone al concessionario di cedere allascadenza, immediatamente e senza indennizzo, e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione,le opere non amovibili realizzate nell’area concessa.L’art. 49 TFUE vieta infatti agli Stati membri dell’Unione di imporre restrizioni alla libertà dei cittadinidi uno Stato (incluse le imprese) di stabilirsi nel territorio di un altro Stato. Sono da considerarsi restrizionivietate anche le misure che, pur se non discriminatorie, hanno comunque l’effetto di ostacolare o direndere meno attrattivo l’esercizio della libertà di stabilimento. La giurisprudenza della Corte ha peròindividuato dei casi in cui le normative nazionali non costituiscono un vero ostacolo alla libertà distabilimento. Si tratta dei casi in cui la legge nazionale si applica a tutti gli operatori che svolgono unacerta attività nello Stato, senza che la legge abbia come scopo di disciplinare le condizioni di stabilimentoper lo svolgimento di tale attività. In tali occasioni, la Corte di giustizia ha rilevato che la legge nazionaleesercita effetti troppo aleatori e indiretti per costituire un vero e proprio ostacolo alla libertà distabilimento.Lo stesso ragionamento è stato applicato nel caso Società italiana imprese balneari, perché l’art. 49 del codicedella navigazione non ha ad oggetto le condizioni di stabilimento dei concessionari sul demaniomarittimo. La previsione che le opere non amovibili costruite sul demanio pubblico siano acquisite, senzaindennizzo e gratuitamente, dallo Stato costituisce peraltro l’essenza stessa del principio di inalienabilitàdel demanio pubblico. Di conseguenza, qualunque operatore deve prendere in considerazione taleprincipio nella propria attività economica. Eventuali effetti restrittivi della disposizione nazionale sullalibertà di stabilimento sono dunque troppo aleatori e troppo indiretti perché essa possa essere idonea aostacolare tale libertà.Se tale ragionamento della Corte è pur condivisibile, ad avviso di chi scrive la sentenza presenta unulteriore ragionamento che presenta invece un profilo decisamente problematico. La Corte indica infattiche il principio di acquisizione immediata e senza indennizzo delle opere non amovibili non può essereconsiderata una modalità di cessione forzosa delle opere in quanto l’art. 49 del codice della navigazioneprevede la possibilità di derogare per contratto al principio stesso. La sentenza evidenzia infatti “unadimensione contrattuale, e dunque consensuale” della concessione di occupazione.Invece, l’art. 49 del codice della navigazione indica che il principio di acquisizione immediata dei beniinamovibili può essere derogato non tanto con l’accordo delle parti, quanto piuttosto “salvo che siadiversamente stabilito nell’atto di concessione”. Non vi è dunque alcuna possibilità di contrattare conl’amministrazione circa l’acquisibilità o meno al demanio dei beni inamovibili. Semmai, tale deroga deveessere contenuta nell’atto di concessione originario. A tal fine, quindi, il particolare regime a cui èsottoposta una concessione “in deroga”, deve evidentemente essere previsto anche nell’atto che ha messoa gara la concessione stessa, tanto più alla luce delle ormai celebri sentenze Promoimpresa e Comune diGinosa.Come è noto, nella sentenza Comune di Ginosa, la Corte di giustizia ha ritenuto irricevibile un quesito,formulato dal TAR Lecce, circa la compatibilità dell’art. 49 del codice della navigazione con l’art. 12 dellaDirettiva Bolkestein. Non sembra però che la sentenza Società italiana imprese balneari possa essereconsiderata come risolutiva della questione. Infatti, prima di tutto, essa non tiene in considerazione laDirettiva, in quanto la questione controversa aveva a che fare con rapporti antecedenti il momento dientrata in vigore della stessa. Ma inoltre si deve considerare che il sistema di attribuzione delle concessioniin Italia è profondamente rinnovato dall’applicazione dell’art. 12 della Direttiva. Prima di allora, erapossibile rinnovare la concessione per mezzo dell’applicazione del diritto di insistenza. Dunque, eraragionevole prevedere una lunga durata del rapporto concessorio, tale da permettere (quasi) certamentel’ammortamento degli investimenti fatti, anche tenendo in considerazione l’acquisizione al demanio deibeni inamovibili.Nel momento in cui invece il rinnovo della concessione – come evidenzia la stessa Corte di giustizia nellasentenza Società italiana imprese balneari – diventa una nuova attribuzione della stessa, all’esito di unaprocedura concorsuale che metta sotto un profilo di parità tutte le imprese offerenti, il principio diacquisizione immediata deve essere messo in una relazione di proporzionalità con la durata dellaconcessione stessa, ovvero ad esso devono essere previste delle deroghe, anche parziali, al fine diconsentire la possibilità per il concessionario uscente di ottenere un indennizzo economico per le operecompiute e ancora non ammortizzate.Sembra dunque che la sentenza non possa rappresentare che un primo passo nell’ambito di un filonegiurisprudenziale ancora a venire, nel quale tuttavia la Corte di giustizia deve essere messa in condizionedi offrire un’interpretazione adeguata per mezzo di questioni che siano quanto più possibile pertinenti eancorate al caso specifico.Avv. Simone VenturaDottore di ricerca in diritto internazionale e dell’Unione europea – già professore a contrattoTitolare dello Studio legale Ventura in Roma

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