Claudio Di Maio
Docente a contratto di Diritto dell’Unione europea Università della Calabria
Parole Chiave
Cittadinanza – Naturalizzazione – Cittadinanza europea – Malta – genuine link
Abstract
Il 20 ottobre 2020 la Commissione europea ha formalmente iniziato una procedura di infrazione nei confronti di Cipro e Malta per i cd. golden passport schemes. L’esecutivo maltese ha prontamente risposto con una modifica della normativa nazionale in tema di cittadinanza che, ancora una volta, è stata varata per rispondere alle preoccupazioni delle istituzioni europee ma che, ad una prima lettura, sembra essere ancorata ad un modello ormai conclamato che lega lo status civitatis a valutazioni di natura economica.
Accademia Diritto e Migrazioni (ADiM) – redazione@adimblog.com
1. La dialettica tra la cittadinanza europea e la cittadinanza nazionale
La cittadinanza europea è sempre stata legata al concetto di integrazione sovranazionale, seppur fortemente caratterizzata da solidi elementi di interdipendenza con quanto previsto dalle legislazioni dei singoli Stati nazionali, caratterizzandosi, quindi, per i suoi diritti accessori. Grazie all’opera interpretativa dei giudici di Lussemburgo, questo istituto si sta evolvendo progressivamente in uno «status fondamentale», sorretto da un legame che intercorre tra i cittadini europei, il divieto di discriminazioni sulla base della nazionalità e l’attribuzione dei diritti riconosciuti dai Trattati istitutivi (ex multis, il caso Grzelczyk).
Tuttavia, a dispetto di evoluzione giurisprudenziale complessivamente estensiva da parte della CGUE, insieme ad una crescente percezione dal punto di vista sociale, i presupposti per l’attribuzione dell’istituto europeo sono rimasti invariati: per quanto riguarda l’ambito soggettivo, il godimento dei diritti accessori, fruibili attraverso l’esercizio della libera circolazione, sono condizionati al possesso di una cittadinanza nazionale, con un ragionevole obbligo di residenza all’interno del territorio (Così, la CGUE, nel caso Eman e Sevinger). Va da sé che ogni Stato membro stabilisce le modalità di acquisto e perdita della cittadinanza secondo una sua legittima potestà, pur nel rispetto del diritto dell’UE circa gli effetti che tali situazioni comportano (come nel caso Zhu e Chen, p. 37) e verificando o proteggendo l’esistenza di un cd. “vincolo legittimo” con lo Stato (come chiarito già nella nota sentenza Rottman, p. 51).
Proprio sulla natura di questo genuine link, che attraverso la celebre clausola Nottebohm venne descritto come quel rapporto giuridico «having as its basis a social fact of attachment, a genuine connection of existence, interests and sentiments, together with the existence of reciprocal rights and duties», si incentrano le preoccupazioni mosse da più parti in Europa circa il prosperare di programmi assimilabili ad una sorta di cash-for-residence o investor citizenship che, con modalità e requisiti non troppo differenti tra loro, riconoscono un titolo di residenza o di cittadinanza a coloro che investono o intraprendono un progetto imprenditoriale sul territorio dello Stato, per un periodo continuato e duraturo.
Questi programmi, in realtà molto diffusi all’interno degli Stati membri, hanno un impianto particolarmente orientato anche ad attrarre investimenti diretti da Paesi terzi arrivando a rappresentare, in taluni casi, un vero e proprio strumento di policy migratoria: alcuni di essi hanno un profilo attivo, vale a dire richiedono che lo straniero assuma non solo un impegno economico, bensì garantisca una certa stabilità nell’investimento e la creazione di opportunità lavorative; altri programmi, invece, hanno un profilo passivo, ovvero si riducono alla concessione discrezionale di un titolo di soggiorno o della cittadinanza pleno iure sulla scorta del singolo investimento.
Tuttavia, i report condotti nel 2018 dal Parlamento europeo e, successivamente, anche dalla Commissione europea evidenziano alcuni rischi economici, sociali e di conformità giuridica
di questi istituti. In particolare, le principali preoccupazioni delle istituzioni europee si sono concentrate perlopiù verso quanto previsto dai cd. investor citizenship schemes varati da Cipro e Malta: dopo numerose negoziazioni e richiami formali, il 20 ottobre 2020 la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione verso questi due Paesi, ritenendo che la concessione della cittadinanza nazionale in virtù di un investimento predeterminato e senza un vincolo autentico con il territorio sia incompatibile con il principio di leale cooperazione ai sensi dall’art. 4, par. 3 TUE. Il programma cipriota, che in verità rappresentava un unicum sotto molti profili, è stato sospeso con decorrenza dal 1 novembre 2020, anche a seguito del noto scandalo denominato “Cyprus Papers”.
2. Un Individual Investment Programme per potenziali cittadini: le peculiarità del caso maltese
Con l’approvazione dell’ormai noto Act XV del 2013, si è proceduto alla modifica della regolamentazione maltese in materia di cittadinanza, così come anticipato dalla Legal Notice n. 450 che, de facto, rafforza il già controverso Individual Investor Programme of the Republic of Malta (IIP), istituendo una vera e propria fast-track naturalization per tutti coloro che contribuiscono allo sviluppo economico dell’isola, con la possibilità di includere tra i beneficiari della suddetta misura anche i familiari diretti e/o i minori a carico.
Le condizioni previste per il riconoscimento della cittadinanza sono pressoché legate al rispetto di prerequisiti di natura economica, posti al vaglio della Identity Malta Agency, istituita con la Legal Notice n. 269 del 2013; tale agenzia, con funzioni pubbliche, è posta sotto la competenza del Ministero degli Interni e supportata nel compito di raccolta delle candidature da un’ulteriore entità esterna, con personalità giuridica distinta e sede legale a Malta, che diventa responsabile esclusiva della promozione e dell’elaborazione delle richieste da parte dei soggetti stranieri. Si tratta, in concreto, della società Henley & Partners, specializzata in programmi di investor citizenship in diversi Paesi.
Ulteriore peculiarità risiede nel fatto che non è richiesto, in questa fase, alcun precedente investimento economico o stanzialità previa nel territorio, apponendo altresì una cd. “clausola di segreto” sulla pubblicazione dei beneficiari di questo programma. Le rimostranze politiche e mediatiche (alcune delle quali dai contorni tristemente noti) sulla natura di questi procedimenti hanno allarmato sin da subito i parlamentari europei, i quali hanno duramente sottolineato che «l’accesso a finanziamenti non dovrebbe costituire il principale criterio per il conferimento della cittadinanza dell’Unione europea a cittadini di paesi terzi», invitando direttamente lo Stato membro «ad allineare il suo attuale programma di cittadinanza ai valori dell’UE».
Si è arrivati, quindi, ad una seconda modifica con la L.N. 47/2014 che, per la prima volta, introduce una prova di residenza previa di almeno 12 mesi nel territorio dello Stato per poter
essere considerati meritevoli di questa particolare forma di naturalizzazione. Le suddette istanze, essendo legate ad una diretta potestà dell’esecutivo, non sono appellabili, né suscettibili di modifica in seguito ad un diniego, spettando solo al Ministero competente o all’autorità preposta la responsabilità del procedimento. La riforma, almeno dal punto di vista formale, supera la questione dell’anonimato dei beneficiari prevedendo la pubblicazione della lista completa di coloro che hanno ottenuto la cittadinanza per naturalizzazione, senza tuttavia specificare i presupposti dell’istanza concessa.
Uno dei punti più critici della suddetta regolamentazione riguarda l’enunciato contenuto all’interno dell’art. 4.1, lett. d, per cui il soggetto che desidera presentare domanda si impegna a fornire una prova della residenza e dell’eventuale titolo di proprietà residenziale. Il termine generico di “residenza” è stato interpretato dai funzionari dell’agenzia Identity of Malta, come una mera prerogativa amministrativa, ovvero consentendo che il soggetto non debba fisicamente trovarsi nel territorio al momento della verifica dei requisiti.
In dottrina, si è discusso sulle potenziali ricadute di questo impianto normativo e di come potrebbe compromettere la base democratica dello Stato; allo stesso modo, è stata già analizzata come, anche in questi ambiti, gli Stati debbano rispettare il principio di leale collaborazione e prevenire le disparità di trattamento tra migranti nell’accesso alla cittadinanza nazionale. Su questo punto, si è anche argomentato come la proliferazione di questi schemi di investor citizenship arrivino a minare la stessa nozione di ius civitatis fondata sulla reciprocità, sull’uguaglianza formale e sostanziale e sulla solidarietà, riscrivendo questi principi in chiave economica.
Tuttavia, assume importanza in questo dibattito anche la valutazione dei compiti assolti dalle amministrazioni preposte e del perimetro della discrezionalità nell’intero svolgimento delle procedure, la relazione con soggetti esterni nell’esame delle istanze e, nondimeno, le valutazioni circa il rispetto delle normative europee in materia di lotta al riciclaggio, alla criminalità e al finanziamento del terrorismo internazionale che, evidentemente, attengono ad una più generale conformità della legislazione nazionale al diritto europeo.
3. Le recenti modifiche al sistema maltese: verso la fine dell’investor citizenship?
La presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen, nel discorso sullo Stato dell’Unione del 16 settembre 2020 ha chiaramente affermato che «le violazioni dello Stato di diritto non possono essere tollerate, […] che si tratti del primato del diritto europeo, della libertà di stampa, dell’indipendenza della magistratura o della vendita di passaporti d’oro. I valori europei non sono in vendita». Come già visto, le azioni della Commissione sono andate ben oltre gli aspetti dichiarativi, con maggiore e apprezzabile incisività rispetto al passato.
Per ciò che riguarda il versante interno, nell’ordinamento maltese è stata effettivamente approvata la modifica della legislazione in materia di cittadinanza e il varo di un nuovo regime generale per il riconoscimento della residenza permanente nel territorio. Nel novembre 2020, è entrato in vigore un nuovo meccanismo di concessione dello status civitatis attraverso la naturalizzazione basata sull’investimento diretto per servizi eccezionali alla Nazione. La nuova procedura, che in realtà mantiene alcune caratteristiche già presenti nel testo precedente, prevede la possibilità di richiedere la cittadinanza dopo aver soggiornato per un periodo compreso tra 12 e 36 mesi nel territorio; per quanto riguarda i familiari, dovranno dimostrare di essere effettivamente a carico del richiedente, se figli minori di 29 anni (anche di un solo coniuge) e/o parenti diretti.
Si tenga presente che, con le recenti modifiche, la variazione da uno a tre anni dipende – ancora una volta – dalla congruità e dal peso dell’impegno economico dello straniero, nonostante siano state rese obbligatorie per lo stesso la presentazione di documentazioni che attestino le fonti di reddito e le risorse proprie per il mantenimento. Varia anche l’entità dell’impegno economico necessario ad assicurare il titolo di cittadino ai familiari e l’importo da destinare per l’acquisto di una unità immobiliare o per il mero affitto della stessa (in quest’ultimo caso, l’impegno dovrà essere mantenuto per cinque anni consecutivi). Inoltre, il soggetto potrà versare un contributo non rimborsabile al Malta National Development Fund e effettuare una donazione ad una entità benefica; non sarà, invece, più consentito l’acquisto dei titoli di Stato da parte degli stranieri interessati.
Secondo la nuova normativa e sulla base dei risultati derivanti da un processo di audit, il Ministero competente può autorizzare il richiedente a ricevere un certificato di naturalizzazione: una volta concesso, lo stesso dovrà prestare giuramento entro 6 mesi. Il numero di autorizzazioni sarà limitato rispetto al passato: saranno rilasciati 1500 nuovi titoli di cittadinanza maltese, per un totale massimo di 400 autorizzazioni all’anno. Come in precedenza, sarà resa pubblica la lista dei beneficiari.
Infine, secondo quanto stabilito dalla Legal Notice 435 del 2020, le funzioni e i compiti in materia di cittadinanza sono poste sotto la responsabilità della Community Malta Agency, che sostituisce l’ormai cessata Identity Malta Agency. La nuova autorità pubblica è responsabile della gestione e dell’elaborazione di tutte le pratiche relative alla cittadinanza maltese: per discendenza, per meriti, per naturalizzazione a seguito di una residenza di lungo periodo, ovvero per motivi di investimento diretto. Rispetto al rapporto pregresso con entità esterne, il governo ha dichiarato in occasioni pubbliche che il rapporto con la law firm Henley and Partners sarà valido fino al 2023.
Le recenti modifiche non sembrano discostarsi da quell’approccio, già utilizzato in passato, che riconosce alla nuova Agenzia il medesimo margine di discrezionalità nel sondare i prerequisiti dello straniero. Nel suddetto testo normativo, infatti, si fa menzione di tutti i criteri che il cd. Agent deve rispettare ma non si arguisce la tipologia di rapporto che lega
quest’ultimo ai consulenti esterni, né tantomeno quali siano i limiti del loro rispettivo operato. All’art. 9(2) del Maltese Citizenship Act si stabilisce, genericamente, che «the Agency shall cause due diligence checks to be performed also by […] more internationally recognised specialised due diligence service providers […] as the Agency shall determine from time to time». All’art. 28, poi, è chiaramente sancito che «all information obtained through the due diligence process and its sources shall be kept secret».
Un’analisi complessiva sembra far emergere come l’istanza di naturalizzazione sia un atto concesso dall’amministrazione sulla scorta della dotazione finanziaria del soggetto e del suo impegno futuro a mantenerlo: tale approccio espone l’applicazione di questo strumento normativo anche a possibili ricadute sul piano del pari trattamento e della non discriminazione, conferendo all’acquisto della cittadinanza una verosimile connotazione premiale.
Si consideri, altresì, che all’art. 24 della legge sono elencati i motivi per cui il Ministro ha la potestà di privare una persona della cittadinanza maltese: oltre alle ragioni che attengono la minaccia per la sicurezza dello Stato, la norma consente la revoca anche quando «the said individual fails to use his skills for the benefit of the Republic of Malta» che lascia spazio ad ulteriori e ampi poteri nel sondare la condotta del richiedente.
Tali misure sono state strenuamente difese dall’esecutivo, che ha rivendicato la potestà statale nel decidere i criteri di valutazione delle istanze di cittadinanza e chiede che siano valutati al livello europeo gli sforzi di riforma attuati: per il governo, attraverso l’Individual Investment Program – che non è stato mai de facto abbandonato – il Fondo Nazionale Sociale e di Sviluppo ha investito in alloggi sociali, attrezzature sanitarie, sostenendo altresì l’economia maltese durante la pandemia da COVID-19.
4. Considerazioni conclusive
Le preoccupazioni sul rispetto dello Stato di diritto nell’isola di Malta sono quantomai attuali e all’attenzione degli organi europei. Le modifiche recentemente introdotte, che fanno perno sempre sulla concessione della cittadinanza per naturalizzazione, risentono inevitabilmente di quell’approccio ormai consolidato e che tende ad accostare un nesso tipico del diritto pubblico a ragioni meramente economiche. Un tema che viene affrontato anche da recenti ricerche, le quali sottolineano come l’ottemperanza ai criteri economici rimarcati nell’ultima riforma – che non si discosta molto dalle precedenti – renda vacuo il criterio dell’effettiva stanzialità o la reale manifestazione, da parte di questi soggetti, di stabilirsi in maniera duratura nel territorio.
Si potrebbe dibattere, ancora una volta, circa la mutevole fisionomia del genuine link e delle diverse forme che esso può assumere in relazione alla cittadinanza europea o, parimenti, sul
fatto che non sussista una reale competenza della Commissione europea in questa materia; allo stesso modo, è necessario sottolineare che esistono ulteriori e meritevoli esempi che spostano – seppur con presupposti e risultati differenti – il dibattito su una sempre più concreta sfera digitale della cittadinanza e, quindi, sulla cangiante sfumatura delle sue caratteristiche.
Tuttavia, rimangono non troppo sfocati – e a nostro avviso particolarmente rilevanti – taluni punti critici che derivano dal peso che questi strumenti assumono in un quadro più generale di politica migratoria e che suggeriscono la necessità di misurarne la loro effettiva conformità ai principi di non discriminazione e pari trattamento alla luce della condizione giuridica dello straniero, unitamente ai criteri di trasparenza e di buona amministrazione che devono considerarsi insiti nell’operato di tutti gli Stati membri. Questioni che, evidentemente, non possono essere legate a valutazioni meramente economiche e procedurali.
APPROFONDIMENTI
Per citare questo contributo: C. DI MAIO, Investor (EU) citizenship: un vero punto di svolta nel caso maltese?, ADiM Blog, Analisi & Opinioni, Maggio 2021.